Perché la Rosalia alpina è di questo colore

Disquisizioni non scientifiche ispirate da un incontro con la Rosalia alpina, evoluzionismo e creazionismo

 

13 luglio 2023

E’ successo, finalmente. Qualche giorno fa l’ho incontrata, viva, per la prima volta, a Ligonchio: la mitica Rosalia alpina; fino ad ora ne avevo visto solo resti, come si vede in una foto, fatta all’Alpe della Luna, qualche anno fa.

La Rosalia alpina incontrata a Ligonchio

E i resti, trovati anni fa all’Alpe della Luna

L’entusiasmo di averla incontrata era tanto, e avrei voluto comunicarlo subito, come si conviene per le pubbliche relazioni social. Ma, tutto sommato, ho avuto un colloquio con lei (vedetelo poi sotto), e ho preferito tenerlo un po’ per me; non avevo l’ispirazione giusta; e poi non si può sempre essere attaccati a Facebook. Allora mi sono detto, lo farò, se verrà l’occasione.

E ora è venuta, ma non vi parlerò di lei in modo asettico e scientifico; per questo, ci sono tante informazioni in rete, oltre alla solita Wikipedia.

In questi giorni mi sono aggirato tra le faggete, guardando spesso i tronchi e le cortecce. E all’improvviso, si è ripresentata l’immagine della Rosalia alpina, che ha generato la domanda del titolo; invero, è più una risposta che una domanda, dato l’evidente mimetismo; anche se, sua altezza la Rosalia non mi ha ancora concesso il privilegio di mostrarsi nel suo ambiente naturale. Allora però, dato che avevo tempo per elucubrare in libertà, ho cominciato a pensare.

Certo che pensare che l’evoluzione, e il solo caso, abbiano determinato una convergenza del genere tra Rosalia alpina e corteccia di faggio, ha dello stupefacente. Da mettere in crisi il più convinto degli evoluzionisti.

Quasi quasi è più facile credere a un passatempo di un creatore fantasioso. Ma, in questo caso, viene il dubbio: è nata prima la Rosalia o la corteccia di faggio ? Tipo, insomma, l’uovo o la gallina. Mmm, quasi più complicato dell’evoluzione.

Il mimetismo

Ma torniamo a lei, la Rosalia alpina, dopo queste ispirazioni che mi ha dato. Quando l’ho incontrata, segnalata da un amico, si aggirava sul bordo di una specie di contenitore della spazzatura. In verità era molto tranquillo (era un maschio, come si vede dalle lunghe antenne); si è lasciato fotografare e mettere in posa. Era molto lento e ho pensato che potesse essere ormai a fine ciclo; ma era ancora presto, come stagione. Allora, ho pensato che fosse appena sfarfallato e si stesse ancora abituando al suo nuovo essere.

Per quanto evidentemente qualche comunicazione tra noi ci fosse, non era abbastanza intima per farmi capire. Allora ho pensato che, quando sono così fermi, se a fine ciclo, in genere non durano molto. Gli ho chiesto: “Posso metterti in fondo al cestino: ripasserò prima di andare via. Se non ci sarai più, vorrà dire che sei vivo e vegeto, altrimenti chissà…”. Mi è parso di sentire un “fai pure”.

 

Al mio ritorno se n’era andato.

Vi confesso, un paio d’anni fa ho ricominciato a collezionare coleotteri. Ma solo quelli che trovo già morti. Trovarli morti ed intatti è difficilissimo, per cui la collezione va molto adagio… Per questa volta, niente Rosalia alpina, che era appunto ancora viva e vegeta, e forse mi aveva capito !